Una delle principali fonti di frustrazione dei multipotenziali è la sensazione di non avere un’unica, chiara e valida vocazione nella vita e nel lavoro. D’altronde, è così che spesso viene affrontato il tema della multipotenzialità. Se il tema della vocazione ti sta a cuore questo articolo fa per te, perché ti svelerò che anche tu hai una vocazione che ti accompagna da tutta la vita e ti spiegherò come rintracciarla dentro di te.
Ma partiamo dalla base: Che cos’è una vocazione?
La vocazione per definizione è una “inclinazione naturale ad adottare e seguire un modo o una condizione di vita, a esercitare un’arte, una professione, a intraprendere lo studio di una disciplina” (fonte Treccani).
Stando alla Teoria della Ghianda elaborata dal prestigioso psicologo statunitense James Hillman, tutti noi nasciamo con una sorta di seme interiore che contiene già tutte le informazioni di chi diventeremo. Proprio come un ghianda che, seppur piccola e fragile, custodisce al suo interno la potenzialità di diventare una quercia solida e maestosa.
In realtà Hillman non è stato il primo a parlare di questo concetto, anzi! Le più antiche tracce di questa teoria si rivelano nel mito di Er di Platone, in cui si narra che prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o un disegno da realizzare e riceve come compagno una guida, un diamon, unico e strettamente personale. Tuttavia, nel momento in cui veniamo al mondo siamo inconsapevoli di tutto ciò, e pensiamo di essere stati creati vuoti. Questa teoria torna tra i romani, che parlavano di genius e tra i cristiani, che lo chiamano angelo custode. Per gli eschimesi e per altri popoli in cui è diffuso lo sciamanesimo si parla di spirito, anima-libera, anima-animale e anima-respiro. Insomma tutto questo per far passare un messaggio: se è un concetto così diffuso e radicato in tante culture e in tante epoche, qualcosa vorrà pur dire!
È inoltre un tema cardine di un libro che ho letto di recente e che mi è già diventato molto caro: Monte Cinque di Paulo Coelho. Non te lo spoilero, perché se non lo hai già letto ti consiglio di farlo al più presto. Ti accenno solo al fatto che il protagonista, Elia, era stato prescelto dal Signore per diventare un profeta. Egli però non accettava questo ruolo così impegnativo, così decise di diventare un falegname e ignorare la sua vocazione. Ma a un certo punto il suo destino si manifestò con irruenza e, dopo molte fatiche, comprese che “non si può evitare l’inevitabile”.
Ma se sei scettico o semplicemente un tipo molto concreto e razionale, dammi ancora una chance per farti comprendere l’importanza di questo concetto!
Ti ricordi di quando eri un bambino?
Io sì, mi ricordo in particolar modo di un episodio perfetto da raccontarti in questo momento. All’età di circa 6 anni espressi ai miei genitori la volontà di imparare a suonare la chitarra. Alla prima occasione utile (forse il mio compleanno, o un Natale) i miei mi regalarono una chitarra giocattolo. Era tutta rosa, glitterata e le corde erano taglienti come lame ma soprattutto erano impossibili da accordare. Mi arrabbiai molto, quella non era una chitarra vera! Quelle non erano corde vere! Mi sono sentita incompresa e sminuita. Puntai i piedi, aggrottai la fronte e tutta stizzita mi chiusi in camera senza parlare. Sei anni dopo entrai in conservatorio.
Te ne dico un’altra.
I miei genitori, quando ero piccola, erano soliti portare me e mio fratello per musei. E come potrebbe stupire con una mamma che aveva studiato all’Accademia delle Belle Arti e un papà insegnante di storia e filosofia!? Sarà pur stato normale, ma io non lo sopportavo. Di quelle gite mi piacevano i viaggi in macchina per arrivare al museo di turno, perché mettevo su i miei auricolari e mentre ascoltavo la mia musica preferita guardando il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino, sognavo. Ma una volta arrivata non c’era verso di farmi muovere e di visitare il museo: mi sedevo in un angolo all’ingresso e aspettavo che i miei finissero il giro. E finalmente si tornava a casa con un altro bel viaggio in macchina! Ancora musica e ancora sogni. Una ventina d’anni dopo ero laureata con lode in Storia e Conservazione dei Beni Culturali.
Cosa significa tutto questo?
Almeno due cose.
Uno, che i bambini a un certo punto rivelano la loro identità. La vocazione può manifestarsi in molti modi e può essere accolta dal contesto che lo accoglie in due modi: se l’ambiente è ricettivo e il bambino ha la possibilità di esprimersi, potrebbe diventare un bambino prodigio; se l’ambiente è ostile il bambino diventerà un “bambino difficile”, autodistruttivo, capriccioso, timido, introverso, iperattivo o iper-qualchecosaltro. Il punto è che, in questo secondo caso, quel bambino si trova a dover fronteggiare due vite: quella che sente di voler realizzare e quella con cui invece deve fare i conti nel pratico.
Se dunque eri un bambino timido, capriccioso, ostile, aggressivo (insomma un bambino “problematico”) è probabile che stessi solo proteggendo il mondo che avevi dentro di te e dal quale provenivi. Come nel mio caso quando volevo suonare la chitarra e, non sentendomi compresa, ho preferito chiudermi a riccio.
Due, a volte la nostra vocazione (daimon, genius, come vi pare) ci tiene lontani da qualcosa che appartiene al nostro futuro ma che sarebbe dannoso per la nostra autorealizzazione affrontare troppo presto. Nel mio caso, penso che prima dei 18 anni non fossi pronta per affrontare davvero il mondo dell’arte. Ho avuto bisogno di tempo per costruire i miei strumenti personali di comprensione di quella materia e di trovare il modo per approcciare quel mondo in modo autonomo, senza la guida seppur benevola ma imposta dei miei genitori.
Ma c’è un altro dettaglio.
La vocazione quando si manifesta, lo fa con tutta la sua potenza. Non conosce età, taglia o potenza. Ecco perché, forse sarà capitato anche a te, di voler intraprendere qualcosa da piccolo che non potevi in nessun modo padroneggiare ancora (la lettura di un libro? l’uso di un attrezzo? la scrittura?) ma che sentivi che in qualche modo ti apparteneva.
Ti invito a riflettere molto su questo punto e sugli atteggiamenti che adottavi da bambino che gli adulti attorno a te etichettavano come “strani”. Dietro a queste stranezze c’era già il seme della tua vocazione principale. Prova a chiederti:
In quali occasioni il mio comportamento da bambino veniva considerato “strano”?
Quali erano i miei desideri inespressi o incompresi dagli adulti?
Cosa mi faceva sentire bene e cosa mi faceva stare male?
Come sognavo di essere da grande?
Dove mi trovavo quando ero felice?
Non è mai troppo tardi per scoprire la propria vocazione.
Quando provò a disegnare il gatto di casa fece un tale disastro che decise di distruggere il bozzetto e si ripromise di non prendere mai più in mano una matita. A tredici anni fu ammesso in una scuola lontana da casa, in cui l’insegnante di arte era considerata una rockstar da tutti, tranne che da lui. Sosteneva che non le avesse insegnato la prospettiva.
Lasciò la scuola a quindici anni e, grazie all’intercessione di suo zio, iniziò a fare il mercante di arte: fare arte non gli era mai piaciuto, ma venderla era divertente per lui! Si dedicò poi all’insegnamento, fece il commesso in una libreria e a venticinque anni ebbe un’illuminazione religiosa: era sicuro che la sua missione fosse fare il predicatore. Eppure i devoti lo trovavano strano e i bambini non lo ascoltavano.
Aveva ormai ventisette anni e in una lettera che scrisse al fratello si confidò, e gli disse di sentirsi come un uccello che “sbatte la testa sulle sbarre della gabbia. Ma impazzisce di dolore, perché la gabbia è sempre lì. […] So di poter servire a qualcosa. […] So di poter essere un uomo diverso! […] C’è qualcosa in me, ma cos’è!”
Suo fratello gli consigliò di fare il muratore, sua sorella il fornaio. Nel profondo della disperazione, scrisse un’altra lettera molto breve a suo fratello: “Ti scrivo mentre disegno, e devo riprendere il prima possibile.”
Cos’era cambiato?
In precedenza aveva considerato il disegno una distrazione al suo obiettivo: raggiungere le persone con la verità. Ora aveva iniziato a cercare la verità documentando con i disegni le vite delle persone che lo circondavano. Iniziò a formarsi nel disegno e nell’acquarello, ma non aveva il tocco necessario secondo il suo maestro. Il mercante d’arte per cui aveva lavorato disse che le sue opere erano indegne di essere vendute. E aggiunse: “Sono sicuro di una cosa: tu non sei un artista”. E senza tanti giri di parole sentenziò: “Hai cominciato troppo tardi!”.
A quasi trentatré anni si iscrisse in una nuova scuola d’arte e iniziò a sperimentare vari approcci artistici: dal realismo, allo studio dei panorami, all’espressione della devozione religiosa. Un giorno portò il suo cavalletto (quasi mai utilizzato) e dei colori ad olio su una duna, mentre imperversava una tempesta di sabbia. Le raffiche di vento asciugavano i colori troppo in fretta e i granelli di sabbia si univano al colore appena steso. L’unico modo per apporre il colore era spremerlo sulla tela direttamente dal tubetto, in modo veloce e istintivo. Questa esperienza liberò la sua immaginazione e la sua mano dai limiti del realismo, che per anni aveva inseguito. E fece una scoperta pazzesca: sapeva dipingere. “Mi piace tantissimo” scrisse al fratello “Dipingere si è rivelato meno difficile di quanto credessi”.
Lui era Vincent Van Gogh.
Il suo è un esempio di come una partenza ritardata non abbia compromesso il raggiungimento dell’eccellenza. Addirittura, nel suo caso, gli ha permesso di inventare un nuovo genere artistico destinato a essere ricordato nei secoli a venire: l’Espressionismo. E bada bene, è un esempio tra tanti e non un’eccezione alla regola. È molto più comune che le persone raggiungano il successo e l’autorealizzazione dopo una serie di esperienze, di fallimenti e di tentativi che da giovani e al primo colpo. Le partenze ritardate non riducono le possibilità, anzi sono parte integrante del successo che può offrire la vita.
La Multipotenzialità stessa è una forma di vocazione.
Rilancio. La multipontenzialità è la vocazione delle vocazioni. Nel senso, non la vocazione più importante tra tutte (anche perché non esiste una vocazione migliore di un’altra), ma quella che ti permette di avere molte vocazioni.
Quando prendi consapevolezza che questa caratteristica ti appartiene, gran parte della salita è stata compiuta! Accogli senza giudizio e con amorevolezza il fatto di avere tante vocazioni. Ascoltale e lasciale entrare dentro di te. Seguile, perseguile e mollale quando senti che hanno compiuto il loro percorso dentro di te.
Avere la vocazione delle vocazioni non ti rende in difetto rispetto agli altri, tutt’altro! Ti permette di sperimentare una vita piena di esperienze, di esprimere le tue potenzialità e i tuoi talenti, nonché di esplorare ogni forma di creatività che ti suggerisce il tuo istinto.
Essere un multipotenziale, come vedi, non ti toglie l’opportunità di avere una vocazione ma ti regala il privilegio di averne molte. Non reprimerle, e non ingabbiarti in ciò che non sei.
Potrai sentirti appagato e autorealizzato solo abbracciando tutte le tue vocazioni e facendole confluire, man mano che sopraggiungono, nel tuo bagaglio di capacità e conoscenze. È così, traguardo dopo traguardo, che diventerai la persona che desideri essere. Una persona unica e unitaria, ma formata da tantissime parti perfettamente armonizzate tra loro.
In conclusione.
In questo articolo abbiamo visto attraverso molti esempi come anche i multiponteziali sono dotati di una vocazione, quella che mi piace definire “la vocazione delle vocazioni.”
A volte, quando si è presi da mille interessi, può essere difficile mettere a fuoco ciò che siamo e ciò che vogliamo veramente ma basta fare appello alla nostra memoria e tornare a quando eravamo bambini per avere qualche indizio sulle nostre potenzialità, sui nostri talenti e sulle nostre vocazioni.
Ho ricordato anche che non è mai troppo tardi per scoprire la propria vocazione o l’ennesima nuova vocazione, come è successo a Van Gogh. Infatti l’autorealizzazione non conosce data di scadenza, ma apprezza molto i percorsi variegati che conducono al suo pieno raggiungimento.
Silvia Vernelli
Sono la prima Life & Multipotential Coach italiana. La mia missione è accompagnare le persone multipotenziali in un percorso verso l’autorealizzazione personale Grazie al mio metodo di lavoro esclusivo e alla mia esperienza personale di vita come multipotenziale, ti dimostrerò che anche tu puoi trovare un equilibrio tra il tuo desiderio di pace e la tua fame di cambiamento.