
Nel 2008, Malcolm Gladwell introdusse per la prima volta in un suo libro la Regola delle 10.000 ore, secondo cui per eccellere in qualsiasi campo sono necessarie circa 10.000 ore di pratica intenzionale. Questa teoria è per certi versi affascinante e per altri frustrante, soprattutto per i multipotenziali che al solo pensiero di stare concentrati su una singola attività per così tanto tempo impazziscono! Ora questa teoria è stata sfatata su certi aspetti e i risvolti dei nuovi studi a riguardo sembrano molto interessanti…
Cosa afferma la Regola delle 10.000 ore?
La “Regola delle 10.000 ore” è un concetto diffuso che suggerisce che per raggiungere il livello di eccellenza in qualsiasi campo, bisogna esercitarsi per almeno 10.000 ore. Questo concetto è stato reso famoso dal libro “Fuoriclasse. Storia naturale del successo.” di Malcolm Gladwell uscito nel 2008, i cui contenuti si basano su studi condotti dallo psicologo svedese K. Anders Ericsson.
Tutto parte da uno studio condotto su un gruppo di violinisti dell’Accademia di Musica di Berlino negli anni ’90. L’esperimento sui violinisti è stato condotto dai ricercatori Ericsson, Ralf Krampe e Clemens Tesch-Römer, ed è descritto nello studio intitolato “The Role of Deliberate Practice in the Acquisition of Expert Performance”. In sintesi, ecco ciò che è emerso.
Furono selezionati tre gruppi di violinisti:
- Violinisti di livello mondiale (gruppo di élite).
- Violinisti “buoni”, ma non di livello mondiale (gruppo medio).
- Violinisti destinati a diventare insegnanti di musica (gruppo meno esperto).
In seguito, ai partecipanti è stato chiesto di tenere un diario dettagliato delle loro attività quotidiane, inclusa la pratica del violino, per una settimana. Nello stesso periodo inoltre, sono state condotte interviste approfondite.
Il risultato dimostrava che i violinisti di élite avevano accumulato in media circa 10.000 ore di pratica entro i 20 anni, mentre i violinisti del gruppo medio avevano accumulato circa 8.000 ore, e quelli del gruppo meno esperto circa 4.000 ore.
La conclusione a cui si arrivò, fu che più tempo si dedica a un’attività più diventiamo bravi. Ma è davvero così?
Gli studi che confutano la Regola delle 10.000 ore.
Il primo a criticare questa teoria fu lo stesso Ericsson che descrisse la regola di Gladwell “una popolare ma semplicistica versione del nostro lavoro, che suggerisce che bastino un po’ di ore di allenamento per diventare automaticamente un esperto e un campione in ogni ambito”. Le 10.000 ore, spiegò Ericsson, erano un tempo medio che accomunava chi eccelleva nel piano o nel violino, non un traguardo da superare. Tra i violinisti c’era chi aveva messo insieme 25mila ore di allenamento: se ne fossero bastate 10.000, a un certo punto si sarebbero fermati. Da qui un monito: le 10.000 ore di esercizio non garantiscono il successo!
Inoltre, lo psicologo, criticò a Gladwell il fatto di non aver menzionato nel suo studio il concetto di pratica deliberata. Infatti non tutte le ore di esercizio sono uguali: la qualità della pratica è un fattore cruciale tanto quanto (o forse di più?) della quantità di ore trascorse a fare una determinata cosa.
Oltre alla pratica poi bisogna considerare che ci sono molti altri fattori che contribuiscono all’eccellenza, come il talento innato, le opportunità, l’ambiente, il supporto sociale, la motivazione e la resilienza. Infatti come ha recentemente affermato la psicologa Brooke Macnamara: “Quando si tratta di capacità umane, entra in gioco un complesso insieme di fattori ambientali e genetici che, messi insieme, spiegano la differenza di risultati anche a parità di pratica”.
Se la Regola delle 10.000 ore non basta, come possiamo ambire all’eccellenza in una disciplina?
È vero, ci sono ambiti in cui la ripetitività aiuta a diventare più bravi, ma semplicemente per una questione statistica. Basti pensare ai giocatori di poker, di bridge o di scacchi. Oppure ai golfisti e ai chirurghi, che migliorano nella tecnica ripetendo la stessa procedura infinite volte… ma la vita è un’altra cosa.
La vita qui fuori è piena di incognite, imprevisti e cambiamenti che presuppongono flessibilità e adattabilità. Come direbbe Simon Sinek la vita vera è un “gioco infinito” (ti consiglio la lettura del libro “Il gioco infinito” per approfondire questo concetto) in cui i giocatori che scendono in campo, le condizioni di gioco e le regole cambiano continuamente. In questo contesto non conta chi vince, ma chi resiste più a lungo.
Erik Dane, un professore della Rice University, spiega che “trincerarsi” dietro lo stesso modus operandi è controproducente perché limita la capacità di trovare soluzioni a nuovi problemi. Secondo lo studioso è consigliato “tenere sempre un piede fuori dal proprio mondo” e affrontare sfide al di fuori del proprio ambito di interesse
Cosa vuol dire?
Ecco un esempio concreto.
Gli scienziati ammessi alle accademie più prestigiose sono quelli che, oltre a dedicarsi ai loro studi, coltivano più hobby rispetto ai loro colleghi che passano tutto il loro tempo in laboratorio. Questo discorso vale ancora di più per i vincitori del premio Nobel: il 22% degli scienziati che vincono il premio Nobel sono anche attori, ballerini, prestigiatori o performer di qualche tipo. Anche se visti da fuori, soprattutto dai colleghi mono-studiosi, sembra che gli scienziati con molti interessi stiano divagando e perdendo tempo in attività di scarso valore, in realtà stanno fortificando le loro energie, aumentando i loro livelli di creatività e stanno ponendo le basi per nuove intuizioni.
Queste scoperte richiamano un discorso di Steve Jobs, nel quale ricordò l’importanza di un corso di calligrafia per la definizione del suo concetto di design: “Quando stavamo progettando il primo computer Macintosh, mi è tornato tutto in mente. Se non avessi mai frequentato quel corso al college, il Mac non avrebbe mai avuto diverse font spaziate in modo proporzionato.”
Risalgono invece al 1979 gli studi dello psicologo Christopher Connolly che dimostrarono che i professionisti di maggiore successo nel lavoro erano coloro i quali erano in grado di prendere decisioni efficaci in momenti strategici della loro carriera. Ciò che li rendeva abili in questa capacità era il fatto di tenersi aperti dei “canali alternativi” evitando di adagiarsi al successo raggiunto e, al contrario, facendo appello ai loro saperi in vari ambiti.
Come torna utile tutto questo a noi multipotenziali?
Innanzitutto, fin qui, questo articolo ti ha un po’ rasserenato?
Spero di sì.
Infatti in primo luogo queste mie parole servono per dimostrarti con i fatti e con gli studi scientifici che dedicarsi per molto tempo o addirittura per tutta la vita a una sola attività principale non è il canale preferenziale per avere successo. La multidisciplinarietà, le passioni tanto sfrenate quanto brevi e gli interessi più disparati invece sì che aiutano a sviluppare la creatività e ad avere una visione più ampia del mondo. Sono tutte le esperienze che maturi e che rielabori riadattandole al contesto in cui ti trovi di volta in volta che ti permettono di conoscerti più a fondo, di autorealizzarti e di vedere orizzonti dove gli altri vedono solo limiti.
In conclusione.
In questo articolo abbiamo analizzato e sfatato la Regola delle 10.000 ore, che ormai da molti anni imperversa tra i corsi di crescita personale.
Questa regola elaborata da Malcolm Gladwell e che semplifica gli studi dello psicologo K. Anders Ericsson afferma che è sufficiente dedicarsi a un’attività per 10.000 ore per diventare eccellenti. Sono molte le critiche mosse allo studioso, in quanto questo modello non può essere applicato in tutti i settori e non tiene conto di molte altre variabili.
Ciò che è interessante notare è che numerosi studi dimostrano il contrario: ad avere maggiore successo in ogni ambito sono le persone che si dedicano contemporaneamente a più attività perché sviluppano maggiore creatività e una mente più flessibile, in grado di trovare soluzioni dove gli altri vedono solo problemi.
Silvia Vernelli
Sono la prima Life & Multipotential Coach italiana. La mia missione è accompagnare le persone multipotenziali in un percorso verso l’autorealizzazione personale Grazie al mio metodo di lavoro esclusivo e alla mia esperienza personale di vita come multipotenziale, ti dimostrerò che anche tu puoi trovare un equilibrio tra il tuo desiderio di pace e la tua fame di cambiamento.